«Meditation part II», Maia Marinelli per l’Artico

«Meditation part II», Maia Marinelli per l’Artico

di Marilena Di Tursi

 

Di chi è l’Artico, a chi appartengono le acque intemazionali?

Spinta da questi interrogativi, che mescolano geopolitica e urgenze ambientali, Maia Marinelli ha realizzato il video Meditation part II  che avvia il nuovo format ArtEcology della Fondazione Pino Pascali, a partire da domani in occasione della sedicesima Giornata del Contemporaneo indetta da Amaci, ora fruibile sui canali Online ( https: // www.facebook.com/FondazionePinoPascali oppine www.museopinopascali.it).

In attesa del prossimo allestimento in presenza, Meditation part II riunisce le azioni perfomative che lanista barese ha prodotto al Polo Nord nell’ambito del progetto interdisciplinare The Arctic Circle Residency, a sua volta inserito in Occupy North, un’operazione di attivismo sociale e politico sui territori artici, in rapporto alle leggi che li regolano. Una giurisprudenza, avverte Marinelli, in rapida evoluzione che presto sarà estesa anche allo spazio, ancora territorio di nessuno.

Contro questa logica di occupazione predatoria, orientata da una cultura imperialista che impedisce agli spazi naturali di guadagnarsi un’identità giuridica propria e non gregaria a quella dell’uomo, l’artista costruisce la personale militanza poetica. Immergendosi nuda in una culla di ghiaccio, una sorta di grembo accogliente e primigenio, da cui sentire l’Artico sulla propria pelle, per caricarsene le sorti partendo da un’epidermica e ancestrale prossimità. Sebbene animata, nella prima stesura del progetto, dall’intenzione di occupare provocatoriamente l’Artico per fame lo scenario di una pacificata battaglia di rivendicazione, ha mutato la strategia espressiva di fronte ad un paesaggio inaspettato.

Nello spettacolo di una natura romanticamente sublime, che esibisce potenza e grandezza, l’artista vince ogni legittimo spaesamento, debolezza e vulnerabilità e si abbandona a una riconciliata immersione. Avverte il bisogno di spogliarsi, non solo degli abiti, come davvero accade nel suo lavoro, ma degli stereotipi che schermano i sensi. Dopo tale fulmineo disvelamento, l’algido ecosistema le appare pluricromatico e non bianco, come nella vulgata, denso di suoni e non di silenzi, condizioni in grado di aprire sconfinati mondi e spazi della mente.

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MarilenaDiTursi_CoriereDelMezzogiorno2020

 

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